giovedì 5 novembre 2015
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La notte del 12 si sferrarono violentissimi contrattacchi nemici, ma la posizione fu tenuta. Innanzi non s’aveva neppure un filo di reticolato od altra difesa accessoria Per queste azioni, al 97° Fanteria venne decretata di motu proprio di S.M. il Re la Medaglia d’Argento al valor militare.
Tutto il giorno 13, era di domenica, si passò sulla quota 174 ovest disturbati dall’incessante fuoco di numerose mitragliatrici e dai tiri dell’artiglieria nemica. Ed ancora la notte stessa i nemici ritornarono varie volte in violenti contrattacchi, ma la posizione fu sempre tenuta.
Mi ricordo, in quelle due notti, che un lanciabombe piazzato nelle antistanti posizioni nemiche, non si stancava mai di lanciare i suoi proiettili verso di noi., C’era evidente la intenzione di battere la nostra trincea, ma il tiro essendo troppo lungo, le bombe, la cui lenta traiettoria si seguiva benissimo nel cielo limpido e stellato, andavano a esplodere nelle seconde linee occupate da truppe di rincalzo che riposavano!
Sebbene la notte fosse chiara, il nemico lanciava ogni tanto nel cielo dei razzi luminosi, i quali cadendo poi con estrema lentezza, rischiaravano tutto intorno, dando così modo al nemico vigile di ben esplorare le nostre posizioni e meglio dirigere i propri tiri. Allora si comandava ai reparti di togliere le baionette per evitare che luccicassero, e le truppe si irrigidivano nelle posizioni per sfuggire con l’immobilità, il più possibile, a quell’occhio omicida il cui raggio scrutatore, falso e insidioso, scendeva dall’alto come un riflesso lunare calmo e sereno.
Subito dopo si scatenava la tempesta. Le mitragliatrici, le bombe e la fucileria nemica si accanivano contro di noi ed i nostri allora, temendo un nuovo contrattacco, si apprestavano a contenerlo e respingerlo.
Anche le nostre due mitragliatrici, piazzate alla sommità della trincea, vomitavano fuoco.
Poi tutto, per qualche tempo, ritornava nella calma.
In simili alternative passammo tutta la notte.
Ad ogni poco dalle alture nemiche partivano grossi calibri, la cui scia ben si distingueva nel cielo e con un rumore simile a uno strano rotolio di botti od al brontolio di un tuono in lontananza andavano a cadere dietro le nostre spalle, su Gorizia che ardeva sempre di fiamme e di passione. Dal Sabotino e dal Podgora, le nostre artiglierie rispondevano senza tregua.
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