giovedì 5 novembre 2015
Maggio 1923
Dopo sette anni ho rivisto quei luoghi e rivissuto nella commozione dei ricordi le ore indimenticabili della trincea e dell’assalto su quella quota 174 che vede Gorizia adagiata ai suoi piedi quasi in atto umile di riconoscenza e di amore.
Ho veduto, sebbene alterata un po’ dalla nuova vegetazione, la trincea più alta conquistata sanguinosamente il 12 Agosto e da cui balzammo due giorni dopo per un il supremo cimento; ho rivisto tutti i miei compagni superstiti, ho riavuto nella faccia l’alito della battaglia come quel giorno; ho pianto tutti i miei Compagni caduti,
ho sentito quanto meschini noi siamo dinanzi a tanta grandezza e a tanta sventura e mi sono inginocchiato! Sì, la quiete solenne del luogo, la poesia della morte e della gloria, comandano la preghiera!
Ho raccolto sull’altura sacra, proprio nel trincerane contrastato i cimeli delle battaglie e li conserverò come reliquie.
Sul cippo che ricorda il sacrificio eroico di tanti nostri soldati ho deposta le ossa sacre degli Ignoti che ho raccolte sparse ancora d’intorno ed ho pensato a quei giorni della battaglia ormai lontani, ma sempre vivi nel ricordo insopprimibile di che li ha vissuti. Ho sentito quanto bene abbia fatto a tornar da solo, con due fedeli compagni, sulla terra del nostro sacrificio, dove, se abbiamo sofferto, abbiamo anche vissuto l’intensa vita della passione, dove prima di
vincere il nemico abbiamo vinto noi stessi con la dedizione suprema!
Ho raccolto con le mie mani la terra sacra che il sangue ha nutrito, la terra che mi è sembrata mia più di qualunque altra cosa che mi appartenga, e l’ho portata con me per un altro rito d’ amore e di pietà.
FINE
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